Le leggi razziali a Genova, a Tursi la mostra che ricorda Giuseppe Basevi

Le leggi razziali a Genova, a Tursi la mostra che ricorda Giuseppe Basevi

L’esposizione è organizzata dalla Presidenza del Consiglio comunale, con l’Istituto ligure per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea e la collaborazione della Comunità Ebraica genovese e dell’Ufficio Scolastico Regionale

Genova ricorda le leggi razziali con una mostra allestita nel portico superiore di palazzo Tursi. Inaugurata in occasione delle celebrazioni per il Giorno della memoria, l’esposizione – che si intitola “Scripta Manent. Le leggi razziali attraverso i documenti del consiglio comunale di Genova. Giuseppe Basevi: un caso di scuola” – sarà aperta al pubblico dal 25 gennaio all’8 febbraio.

Il progetto si focalizza su otto documenti estratti dai libri conservati nell’Archivio del Consiglio comunale, che spaziano dal 1926 al 1945.
I testi scelti costituiscono una straordinaria testimonianza dell’avvento delle leggi razziali e delle loro terribili conseguenze. Gli otto atti narrano la storia di Genova, affiancati da totem esplicativi che contestualizzano i documenti a livello nazionale e locale. Tra gli argomenti trattati, si menziona la “Grande Genova” del 1926, l’anno chiave per l’ordinamento del Comune; “Il Podestà e la Consulta,” con la soppressione degli organi elettivi e il consolidamento delle funzioni in un’unica figura; “Genova nel 1938” e il comizio di piazza della Vittoria, preludio all’alleanza con la Germania e all’emanazione delle leggi razziali; “Le leggi razziali” che portarono, tra le molte disposizioni, all’esclusione di docenti e studenti ebrei dalle scuole italiane; “La stagione della segregazione,” che condusse alla privazione dei diritti umani e alla perdita della libertà personale; “Genova libera”, e cioè la caduta della Repubblica sociale e l’abrogazione degli organi istituzionali del regime; “La toponomastica nell’immediato dopoguerra,” che rappresenta una nuova era con l’intitolazione di vie e piazze a partigiani e antifascisti; e infine il totem intitolato “La nascita del nuovo Paese,” che celebra il contributo fondamentale di Genova alla lotta partigiana e l’assegnazione della medaglia d’oro al valore militare alla città.

All’inaugurazione della mostra, organizzata dalla Presidenza del Consiglio comunale, con l’Istituto ligure per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea (ILSREC) e la collaborazione della Comunità Ebraica genovese e dell’Ufficio Scolastico regionale, hanno preso la parola il presidente del Consiglio comunale di Genova Carmelo Cassibba, il sindaco di Genova Marco Bucci, il presidente ILSREC Giacomo Ronzitti e i consiglieri comunali Ariel Dello Strologo e Angiolo Veroli.
La lectio magistralis di apertura, invece, è stata curata da Paolo Battifora e Chiara Dogliotti, entrambi storici e membri del Comitato scientifico di ILSREC. A Chiara Dogliotti è andato il compito di illustrare la vicenda di Giuseppe Basevi e della persecuzione ebraica a Genova.

Battifora: “Qual è la colpa degli ebrei? Quella di esistere”

Il pregiudizio e le persecuzioni nei confronti degli ebrei hanno segnato, nel corso dei secoli, la storia dell’Occidente. Pur essendo l’antisemitismo un elemento fondamentale della Weltanschauung nazista, non fu tuttavia Hitler a “inventare” l’odio antiebraico: le leggi razziali, varate in Germania e in Italia negli anni Trenta del ‘900, acuirono e legittimarono una prassi discriminatoria che durava da millenni.
Il processo che portò alla “Soluzione finale” fu costituito da una serie di tappe che isolarono socialmente gli ebrei e che, con lo scoppio della guerra e l’invasione della Polonia, portarono alla riesumazione dei ghetti.
Esito finale di questa politica fu la decisione dello sterminio, operato dapprima con fucilazioni di massa e poi tramite camere a gas realizzate in appositi centri di morte, diversi rispetto ai lager propriamente detti. Qui, infatti, non c’erano neppure le baracche e gli ebrei, ignari, passavano dai treni allo Zyklon B.
Il Nuovo Ordine Europeo nazista avrebbe visto un continente senza più ebrei, rom e disabili, e con qualunque oppositore, o supposto tale, internato nei lager. Ciascuno di noi – per motivi di ordine “razziale”, religioso, politico, medico, sociale, culturale – avrebbe rischiato di finire nella morsa della violenza e dell’universo concentrazionario nazista.

Bucci: “I giovani, che sono la nostra speranza, ci aspettiamo che si comportino meglio di come si è comportata la nostra generazione”

Il Sindaco, in particolare, ha ribadito le scuse della città di Genova per quanto è accaduto in quei momenti bui della nostra storia e ha sottolineato che “Genova riuscirà a far emergere il suo cuore”. Nel corso dell’intervista seguita all’evento, rispondendo alla nostra domanda se ci fosse, da Sindaco, c’è un messaggio che volesse dare ai giovani, Bucci ha risposto che “non si possono condannare certi comportamenti del passato e poi tutti i giorni rifare le stesse cose con quelli che ci stanno vicino. I giovani, che sono la nostra speranza, ci aspettiamo che si comportino meglio di come si è comportata la nostra generazione”.

(Al minuto 2:25 trovate la nostra domanda al Sindaco)

Cassibba: “Basevi fu allontanato per motivi di sangue”

Ma chi era Giuseppe Basevi? “Un consigliere del Comune di Genova che è stato allontanato”, ci risponde Cassibba, “perché apparteneva alla razza ebraica. Così c’è scritto proprio sui volumi inediti che sono in mostra e che certificano in maniera cristallina, nero su bianco, che l’allontanamento non è avvenuto a causa di motivi di carattere politico ma per motivi  di sangue”.

La conferenza si è poi conclusa con un video realizzato grazie all’intelligenza artificiale in cui il volto di Basevi ha raccontato la sua storia e ci ha permesso di immergerci nella realtà delle persecuzioni razziali anche dopo la sua scomparsa.

Articolo: Edoardo Conforti e Mara Droghetti
Riprese video: Francesco Solia
Riprese video della mostra: Carola Torre
Immagini di copertura: Aya Bennou, Rubina Perrotta e Carola Torre

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