Giorno del ricordo: per non dimenticare le foibe e l’esodo istriano

Giorno del ricordo: per non dimenticare le foibe e l’esodo istriano

Oggi Palazzo Chigi illuminato con la scritta “Io ricordo”

Oggi, 10 febbraio, è il Giorno del Ricordo, istituito nel 2004 per non dimenticare gli italiani morti nel corso degli eccidi avvenuti in Friuli Venezia Giulia tra il 1943 e il 1947.
Stiamo parlando dei massacri delle foibe, che derivano il loro nome dalle insenature naturali tipiche delle aree carsiche che in dialetto friulano sono dette, appunto, “foibe”.

Queste fosse hanno una forma particolare che rende difficile la risalita e il soccorso, motivo per cui spesso le vittime venivano gettate vive o ferite in queste cavità e lasciate morire dopo giorni di sofferenza. Quanti siano stati i caduti non si sa di preciso ma secondo alcuni studi – che considerano sia le salme recuperate che quelle stimate, nonché i morti nei campi di concentramento jugoslavi -, il numero dei morti si aggira intorno alle 10mila persone.
Una contabilità macabra alla quale mancherebbero, secondo il Centro studi Adriatici, le vittime di ben trentasette cave di bauxite per le quali non è stato possibile alcun accertamento.

foibe
Schema di una foiba tratto da una pubblicazione del 1946 del CNL istriano

Perché il 10 febbraio?

La scelta della data non è casuale. Proprio il 10 febbraio 1947, infatti, fu siglato il trattato di Parigi fra l’Italia e le potenze alleate vincitrici della Seconda guerra mondiale. Un patto che stabiliva anche diverse rinunce territoriali, tra cui la cessione alla Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia di buona parte dell’Istria (comprese le isole adriatiche di Cherso e Lussino, Lagosta e Pelagosa), di Zara e di Fiume.

Come mai tutto questo odio?

Dopo il crollo del regime fascista, nel 1943, i partigiani jugoslavi sostenitori del maresciallo Tito, rivoluzionario filo sovietico, compirono feroci massacri contro la popolazione italiana.

Il popolo jugoslavo giustificò la decisione di torturare gli italiani perché sosteneva che fossero tutti fascisti e contrari al loro regime e perché, dalla fine della Prima Guerra mondiale fino all’armistizio della Seconda, gli italiani amministrarono duramente le zone slave, imponendo un’italianizzazione forzata e con metodi violenti, come pestaggi e deportazioni nei campi di concentramento.

La nave Toscana durante l’abbandono di Pola (1947)

L’esodo istriano

I massacri delle foibe e, in generale, la “pulizia etnica” degli uomini di Tito innescarono l’esodo dei cittadini di nazionalità e di lingua italiana dalla Venezia Giulia (cioè il Friuli Orientale, l’Istria e il Quarnaro) e dalla Dalmazia. Si stima che i giuliani (in particolare istriani e fiumani) e i dalmati italiani che emigrarono dalle loro terre di origine ammontino a un numero compreso tra le 250.000 e le 350.000 persone.

Esule

Prevelloni e Spinella

Collaboratore

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