Fake News: trappole (quasi) invisibili

Fake News: trappole (quasi) invisibili

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Credere è facile, capire è difficile

Quando si parla di fake news si pensa subito a una notizia completamente inventata. In realtà, il fenomeno ha molte sfumature: una fake news può anche nascere da un dato reale ma elaborato intenzionalmente in modo ingannevole e distorto. In ogni caso, l’obiettivo resta uno solo: disinformare e destabilizzare la società.

L’aspetto più pericoloso di questo fenomeno è il tentativo di innescare nella società reazioni e dinamiche per sviare dalla realtà delle cose o screditare persone e figure pubbliche.

Le fake news non sono un’invenzione dei nostri tempi. La storia ci offre esempi celebri. Tra i più famosi, la donazione di Costantino del III secolo d.C., un falso documento strumentale per giustificare le pretese papali sul potere temporale, o “La guerra dei mondi” di Orson Welles che, nel 1939, seminò il panico tra gli ascoltatori, convinti che la Terra fosse davvero sotto attacco alieno.

L’efficacia delle fake news è dovuta soprattutto alla grande abilità e capacità di chi le crea a cui spesso è difficile risalire. A seconda del contesto o del momento storico, gli autori riescono a colpire la sensibilità o la fragilità delle persone, che non sono in grado di cogliere la veridicità o la falsità di quello che stanno ascoltando o leggendo.

Oggi, diversamente rispetto al passato, la loro diffusione esponenziale è dovuta ai mezzi di comunicazione molto avanzati, soprattutto i social media, che permettono un’immediata e vastissima circolazione delle informazioni.

La conseguenza più pericolosa è l’effetto di manipolazione e destabilizzazione che provocano, a volte anche per scopi politici o strategici, creando scompiglio e disorientamento nell’opinione pubblica.

Questo fenomeno della “disinformazione”, sempre più diffuso, rende sempre più difficile per le persone distinguere tra notizie vere e false, con il rischio che si perda fiducia nella comunicazione e nei media in generale.

Allo stesso tempo, però, cresce la consapevolezza del problema: esperti del settore stanno sviluppando strumenti per smascherare le notizie false. Anche la Commissione Europea, nelle sue direttive, ha scelto di usare il termine disinformazione, riconoscendo ufficialmente la gravità del fenomeno e superando l’uso del termine fake.
Usare il termine disinformazione al posto di fake news è importante perché aiuta a riconoscere la gravità e l’intenzionalità del fenomeno, evitando di banalizzarlo.

Livia Frangioni IVC

Immagine di copertina generata dall’IA a partire dal titolo dell’articolo: “Fake News: trappole (quasi) invisibili”

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