Attacchi deepfake: le aziende sono pronte?

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Ecco i dati di uno studio condotto da Ipsos e presentato a Milano in occasione dell’evento Ipsos – Studio Previti Associazione Professionale, ospitato da Intesa Sanpaolo
Negli ultimi decenni, con l’evoluzione delle tecnologie digitali, la disinformazione si è trasformata, assumendo forme sempre più ingannevoli e difficili da riconoscere.
Se in passato le fake news erano semplici articoli o titoli ingannevoli, oggi la tecnologia si è sviluppata grazie ai deepfake: una tecnica per la sintesi dell’immagine umana fondata sull’intelligenza artificiale in particolare la reti neurali chiamate “GAN”sinonimo di ”Generative adversarial networks” usata per combinare e sovrapporre immagini e video esistenti con video o immagini originali, talmente realistici che ti impediscono di distinguere un video autentico da uno falsificato.
I deepfake vengono spesso utilizzati in politica, nelle truffe online e nella diffusione delle fake news.
Nonostante l’aumento dei casi e l’attenzione approfondita sul fenomeno, in Italia la conoscenza dei deepfake resta ancora sorprendentemente limitata.
Secondo i dati più recenti di uno studio condotto da Ipsos, il 38% degli italiani non ha mai sentito parlare del tema, mentre il 21% ne ha solo una vaga idea, senza riuscire a comprenderne i rischi, e solo il 41% afferma di saper riconoscere il fenomeno. E questo per quanti riguarda i privati.
Nel mondo delle imprese, invece, la consapevolezza rispetto ai rischi legati ai deepfake è più elevata: il 64% delle aziende conosce il problema, il 26% dichiara di averne solo una conoscenza superficiale, e il 10% non ne ha mai sentito parlare. Segno che il rischio è sempre più percepito soprattutto in un contesto economico globale.
Secondo le stime, il 70% sia dei consumatori sia delle aziende, teme di essere coinvolto direttamente in un episodio legato ai deepfake , che si tratti di una truffa, di una falsa dichiarazione o di un attacco alla reputazione dell’azienda, ai mercati e alle relazioni con clienti e investitori.
Com’è che le imprese possono difendersi?
Le strategie adottate includono l’educazione dei dipendenti: ognuno deve essere in grado di riconoscere i segnali di pericolo, analizzando con attenzione tutto il materiale ricevuto. È fondamentale saper individuare anomalie come una voce distorta o un labiale non sincronizzato. In presenza di richieste urgenti e sospette, è importante non agire d’impulso, ma segnalare immediatamente il problema.
A queste misure si affiancano strumenti di difesa avanzati, spesso basati sull’intelligenza artificiale, capaci di analizzare i contenuti e rilevare eventuali manipolazioni. Tra i più utilizzati vi sono: Microsoft Video Authenticator, Deepware Scanner e Reality Defender.
Per proteggersi da eventuali danni reputazionali causati da attacchi deepfake, è essenziale disporre di un piano di risposta ben strutturato. Questo dovrebbe includere: un protocollo interno per la verifica e la smentita rapida dei contenuti, un portavoce formato per comunicare pubblicamente l’accaduto, una strategia di comunicazione efficace su media e social per arginare la diffusione del contenuto falso, collaborazioni con agenzie di fact-checking e giornalisti qualificati.
Ma perché i deepfake vengono usati contro le aziende?
Tra le finalità principali degli attacchi deepfake ci sono: estorcere denaro tramite truffe, danneggiare la reputazione, manipolare i mercati attraverso la diffusione di fake news oppure ottenere vantaggi competitivi illeciti.
Si tratta di azioni che non solo minano la sicurezza delle aziende, ma compromettono anche la fiducia pubblica e la stabilità del sistema informativo.
In conclusione, il confine tra realtà e finzione si fa sempre più sottile. I deepfake non rappresentano soltanto una sfida tecnologica, ma anche una minaccia democratica. Conoscerli, saperli riconoscere e affrontare è, oggi più che mai, una priorità.
Giada Rexhaj IIIC
credits immagine di copertina Diep Nep